Posti in piedi in università
di Sarah Chiaramonte
Con l’inizio delle lezioni del secondo semestre si è riaperta ufficialmente la caccia al posto.
Il problema è il seguente: aule sempre troppo piccole per studenti sempre troppo numerosi.
Ed è così, che per essere certi di assicurarsi un posto, è necessario arrivare con largo anticipo in università.
Per gli sfortunati ritardatari un posto è comunque assicurato, ed è anche possibile sceglierlo tra due allettanti alternative:
– passare le due ore di lezione in piedi;
– sedersi comodamente per terra, rendendo così più agevole agli addetti la pulizia dei pavimenti.
La situazione sembra essere la stessa degli imbarchi in aeroporto, con studenti ammassati in ogni angolo. Questa condizione crea molto disagio e infatti non tutti riescono a resistere per tutta la durata della lezione e abbandonano prima, sperando poi di recuperare gli appunti da qualche studente seduto in prima classe.
Esistono però anche situazioni inverse, ovvero: aule molto grandi occupate da pochissimi studenti. Viene, quindi, spontaneo domandarsi con quale criterio vengano assegnate le aule alle diverse lezioni ogni semestre.
Per il momento, essendo ancora inverno, essere in un’aula composta da 90 posti con 130 studenti che la occupano può ancora essere minimamente accettabile.
Ma che ne sarà di noi quando il caldo comincerà ad impadronirsi della città?
Un’alternativa potrebbe essere quella di proporre lo spostamento delle lezioni all’aria aperta, in uno dei numerosi spazi che l’università offre, così come si faceva durante il periodo delle elementari.
Dato che questa possibile soluzione difficilmente potrà essere approvata, dobbiamo solo armarci di pazienza e consolarci col fatto che queste situazioni potrebbero assicurarci, quanto meno, un posto (in piedi) in paradiso.
Personaggi illustri
di Emanuele Rizza
A dimostrazione che la Bicocca non è proprio l’ ultima università italiana, vi cito alcune tra le più importanti personalità che sono venute ad insegnare presso il nostro ateneo…Chiedo venia se ho tralasciato qualche nome, si accettano integrazioni.
* Carlo Gambacorti-Passerini – Responsabile dell’Unità di Ricerca Clinica dell’Ospedale S. Gerardo di Monza, docente di Medicina Interna presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia
* Marta Cartabia – Giudice della Corte Costituzionale della Repubblica italiana attualmente in carica fino al 2023, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico e di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza
* Alfonso Pecoraro Scanio – Ministro delle Politiche Agricole tra 2000 e 2001 e Ministro dell’Ambiente tra il 2006 e il 2008, docente di Politiche dell’Ambiente ed Ecoturismo presso la Facoltà di Sociologia
* Ferruccio Fazio – Sottosegretario alla Salute poi Vice Ministro con delega alla Salute infine Ministro della Salute tra il 2008 e il 2011, docente di Diagnostica per Immagini e Radioterapia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia
Tra i docenti UNIMIB si annovera anche il nome di Alessandro Cecchi Paone, (che non so bene cosa faccia di mestiere, un po’ fa il conduttore, poi fa l’opinionista, poi va all’Isola dei Famosi), docente di Teoria e tecnica del documentario turistico presso la Facoltà di Sociologia. Parentesi curiosa: Cecchi Paone è anche uno dei pochi casi noti di omosessuali che si dichiarano elettori di destra: appartiene infatti ad una associazione che ha lo scopo di “sensibilizzare i partiti di centrodestra sulle tematiche dei diritti civili degli omosessuali e opporsi all’equazione secondo la quale essere gay debba significare per forza di cose stare politicamente a sinistra” (cit. Wikipedia). Provarono anche a raccogliere adesioni tra gli esponenti della Lega Nord: vi lascio immaginare come sia finito il tentativo…
Ma secondo me, il più illustre è il mitico Colonnello Mario Giuliacci, grande uomo delle previsioni del meteo, famosissimo per lo storico “Buonasera” con tanto di movimento della testa, fatto all’inizio di ogni servizio. E’ stato docente del corso di Fisica dell’atmosfera presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente.
Infine, vi sono altre centinaia di professori che pur non essendo mai balzati agli onori delle cronache/alle luci della televisione, svolgono professionalmente il loro lavoro quotidianamente.
Per chi volesse approfondire:
–http://it.linkedin.com/pub/alfonso-pecoraro-scanio/3b/ba4/220
–http://www.unimib.it/open/news/Marta-Cartabia-nominata-giudice-della-Corte-costituzionale/6373478724807567869
–http://www.unimib.it/go/page/Italiano/Elenco-Docenti/FAZIO-FERRUCCIO
–http://www.unimib.it/open/news/Leucemia-mieloide-cronica-i-pazienti-trattati-con-Imatinib-hanno-lo-stesso-tasso-di-mortalita-delle-persone-sane/3999926761851296570
–http://www.sociologia.unimib.it/Default.asp?idPagine=357&funzione=scheda_persona&personale=6&ricerca=1&ruolo=0&tipo_uff=1&corso=30&pagecorso=
–http://www.meteoweb.eu/2011/10/allerta-meteo-giuliacci-martedi-possibili-altri-nubifragi-in-molte-zone-ditalia/93200/
–http://www.sociologia.unimib.it/default.asp?idPagine=357&funzione=scheda_persona&personale=402
–http://it.wikipedia.org/wiki/Alessandro_Cecchi_Paone
Fatto 30…facciamo 31
di Andrea Testa
Il quartiere universitario della bicocca nasce essenzialmente nel 1985 a seguito di un preciso processo di riqualificazione voluto dalla Pirelli per rinnovare un’area industriale ormai completamente dismessa.La zona presa in considerazione era quella tra Greco e Sesto San Giovanni che dagli inizi del 900 fino alla fine degli anni 70 rappresentò uno dei cuori pulsanti dell’economia del nord Italia e dell’intero paese prima di essere interessata da profondi fenomeni di delocalizzazione e deindustrializzazione. Gran parte delle fabbriche vennero abbandonate o chiuse e la produzione venne spostata in paesi più convenienti.Dal 1985 cominciarono allora i primi lavori di rivalutazione.
Insomma quella che era puramente un’area industriale ed economica, una zona in cui alla tristezza tipica della periferia di una grande città si aggiungeva la pesantezza di un ambiente di acciaio e cemento, fu trasformata in un’area nuova ,giovane ,moderna e ricca di cultura con il teatro e l’università.
Possiamo però dire che al processo di totale rinnovamento mancano ancora dei tasselli fondamentali. In primo luogo la riqualificazione ha interessato maggiormente l’area di Greco rispetto alle zone circostanti. Chi viene in università passando da Sesto San Giovanni non può fare a meno di notare quel gigantesco cimitero industriale rappresentato dagli ex stabilimenti della Falk.
Le vecchie acciaierie resistono imperturbabili come monumento industriale a ricordo della storia che impregna quella porzione di territorio. Oggi infatti il fermento in questa zona è dato dai molti studenti che la frequentano e che qui studiano e si incontrano ma quest’area è stata sede di battaglie sindacali imponenti oltre ad essere cuore della resistenza antifascista negli anni tra il 43 e il 45.Non tutti sanno che gli operai di sesto e greco sfidarono il divieto di sciopero del regime e per questo motivo molti di essi vennero deportati nei campi di concentramento nazisti. Inoltre furono proprio gli stessi operai a difendere, mettendo a rischio la loro stessa vita, gli impianti in cui lavoravano dalla devastazione portata dalla ritirata dei tedeschi.
È allora più che legittima la scelta di mantenere in piedi le ex fabbriche ma sarebbe necessario integrare questi resti industriali adattandoli al tessuto urbanistico nato con la riqualificazione della metà degli anni 80. Le proposte non sono mai mancate. L’ultima idea sarebbe quella di utilizzare la zona per costruire quello che diventerebbe il più grande polo sanitario d’Italia. Senza mettere in discussione l’utilità di un progetto del genere (progetto risalente addirittura al 2007,ripescato alla vigilia delle amministrative) penso che le ex acciaierie potrebbero essere rinnovate in modo molto più sensato sfruttando progetti diversi. Si potrebbero allora trasformare le vecchie fabbriche in un gigantesco museo di arte contemporanea come pensava Renzo Piano. L’intera zona potrebbe essere bonificata in un grande parco cittadino. Sarebbe infatti logico continuare l’opera di riqualificazione iniziata a Greco con iniziative e progetti coerenti con la nuova vita di queste zone. Lasciare spazio allora all’arte e ai giovani costruendo musei che non siano noiosi contenitori di opere di nicchia che pochi potrebbero apprezzare ma grandi spazi per esprimersi, organizzare incontri, concerti di artisti emergenti e non, mostre di writers e così via. L’idea non è quella di un grosso centro sociale ma di una zona nuova che dia vita alla periferia. Un’area che mantenga vivo il ricordo del passato industriale ma che sappia allo stesso tempo conciliare e fondere esigenze nuove come lo sviluppo culturale e la tutela dell’ambiente.
Riflettendo poi sulla riqualificazione del nostro amato quartiere spesso mi chiedo se sia effettivamente una zona nuova,moderna e a prova di giovane. Gli edifici universitari sono stati costruiti da grandi architetti, le strade sono larghe e spaziose, i mezzi permettono di essere collegati al centro della città e ci sono moltissimi bar e ristoranti,senza considerare il Bicocca Village. I presupposti quindi ci sarebbero ma se si visita la zona dopo le sei del pomeriggio sembra di stare in una città fantasma del far west. I negozi chiudono,le luci si spengono, gli studenti tornano a casa e in bicocca finisce la vita. Bisognerebbe allora potenziare l’integrazione tra abitanti del quartiere e studenti “visitatori” con il quartiere stesso creando un nuovo tessuto sociale utile allo sviluppo.Si potrebbero aprire negozi diversi da bar ,ristoranti o copisterie, creare nuovi locali per incrementare la vita notturna, potenziare i mezzi di trasporto offrendo in alcuni giorni anche tratte notturne comode per chi non abita a Milano. Insomma si potrebbe fare qualcosa per far si che gli studenti non sentano il desiderio irrefrenabile di scappare a casa appena finite le lezioni.La cosa è sicuramente più facile a dirsi che a farsi ma l’iniziativa potrebbe partire anche dagli stessi studenti della bicocca. Facciamoci sentire se possiamo.Fatto trenta si può fare trentuno. Riflettere sul progetto e diffondere qualche idea è già qualcosa.
StudentOlimpiadi
di Emanuele Rizza
Come sapete, nel 2020 non ci saranno le Olimpiadi a Roma.
Ma le Olimpiadi si tengono a Milano, proprio in questi giorni. Anzi, sono anni che vanno avanti.
Le discipline sono molteplici:
– Presso il BicoccaStadium, il GrecoPirelliPark o il PalaPortaGaribaldi: Corsa 110 metri a ostacoli per salire al volo sul treno in partenza o arrivare puntuali alla lezione. E magari piove e non hai l’ombrello…
– Presso ogni abitazione: Salto in alto della colazione per tentare inutilmente di recuperare il ritardo con cui ci si è svegliati.
– Lancio del Libro: quando si capisce che ormai non c’è più niente da fare per passare un esame e si scaglia violentemente il libro dal tavolo al corridoio.
– Parolaccia Sincronizzata: a gruppi di 5 studenti, quando prendono 17/30 ed esprimono contemporaneamente parole vietate ai bambini
– Parolaccia Singola: quando si prende lo scontrino alle segreterie U21 dove c’è scritto che davanti a noi ci sono 75 persone, con 1 solo sportello attivo, al massimo 2
– Contorsionismo (per gli atleti/studenti con le gambe lunghe): spiegatemi voi come riuscite a stare seduti in quei 20 centimetri tra la sedia modello cinema che si ripiega quando ci si alza in piedi, il piccolo banchetto per scrivere e il portaoggetti sotto il banchetto stesso -.-”
– Salto in lungo della Fila: i soliti furbi che in mensa, in segreterie o alle macchinette ti passano davanti.
– Cazzeggio Libero: praticato dovunque, in qualunque circostanza, singolo o a squadre
E non c’è neanche bisogno di essere selezionati da qualche speciale allenatore. Basta passare un giorno alla Bicocca.
Parlando seriamente, tale Vittorio Gregotti, ovvero l’architetto che ha disegnato e progettato il quartiere Bicocca, ha anche partecipato al piano per i lavori di riammodernamento dell’ Estadio Olímpico Lluís Companys di Barcellona, per le Olimpiadi Barcellona 1992. C’è qualcosa di olimpico anche in UNIMIB.
Psicologi a portata di click
di Sarah Chiaramonte
L’ambientazione è questa: un lettino, una poltrona e un quaderno per gli appunti. E’ il classico cliché che ci porta ad immaginare la stanza di colui che cerca di mettere ordine nella testa delle persone. Meglio noto come: psicologo.
Bene, potete dimenticarvene. La moderna ambientazione dello studio di uno psicologo si compone di un computer, una webcam e un buon programma per effettuare videochiamate.
Ebbene si, c’è chi è riuscito ad inventarsi un vero e proprio servizio di consulenza online con tanto di team di psicologi esperti. I fondatori di questa idea sono il Dr. Luca Mazzucchelli e il Dr. Davide Algeri che hanno cercato di integrare i classici metodi psicologici con le moderne tecnologie, arrivando a parlare di “psicologia innovativa”.
Di cosa si tratta?
Nel sito dedicato a questo servizio (http://www.psicologi-online.it/), ci sono tutte le informazioni necessarie; a partire dalla definizione di psicologo online che viene descritto come “un professionista del benessere psicologico, con un’adeguata formazione ed esperienza nel fornire supporto alla persona a distanza”.
Lo psicologo online non si differenzia di molto dalla classica figura dello psicoterapeuta se non per i diversi strumenti utilizzati, per la comodità e per (così dicono) i costi, che tenderebbero ad essere di gran lunga minori. Infatti, per poter accedere al servizio basta:
- disporre di un pc;
- avere un buon microfono e una webcam;
- aver installato Skype, il programma scaricabile gratuitamente da internet, che permette di effettuare videochiamate a costo zero;
- versare una piccola somma (dipende dai punti di vista) di base a prescindere dal numero di incontri necessari.
Quello che tengono a puntualizzare è che comunque queste consulenze vogliono solo “essere un punto di partenza per un percorso psicologico, che successivamente potrà avere evoluzioni differenti a seconda della problematica portata, privilegiando però il contatto ‘vis à vis’ con l’esperto”.
La situazione è uguale a quella ricreata nella serie tv americana “Web Therapy”, con protagonista Lisa Kudrow (la famosa Phoebe in “Friends”), nei panni di una psicoterapeuta che offre consulenze, del tutto particolari, attraverso una webcam.
Ecco spiegato il motivo per cui nella facoltà di “Comunicazione e Psicologia”, l’esame di informatica sia uno dei pochi a cui vengano attribuiti dieci crediti!
Quiet Zone o Agorà
di Andrea Testa
Da qualche tempo in Italia si discute riguardo la possibilità di introdurre sui nostri mezzi pubblici una particolare zona , una QUIET ZONE appunto. Un luogo destinato a persone che vogliono godersi il viaggio in treno o in pullman in santa pace senza essere disturbati da cellulari che squillano o persone interessate a far sapere al resto del mondo i loro fatti privati gridando al telefono con colleghi, mogli, mariti, figli, amanti eccetera.
Ho potuto sperimentare di persona questa soluzione a difesa della tranquillità su un treno diretto a Copenaghen. Per quanto mi riguarda sono bastati due singoli minuti a farmi capire che quello non era il posto adatto a me e che mi sarei sentito completamente a disagio forse ormai troppo abituato al sano trambusto dei treni nostrani. In realtà il disagio nasceva soprattutto dal fatto che gli altri passeggeri mi stessero guardando come se fossi un criminale, colpevole solo di ascoltare musica con le cuffie (anche se effettivamente nel silenzio totale anche un leggero sottofondo può suonare stile concerto degli ACDC). Mentre uscivo sconfortato dal vagone speciale guardando le persone all’interno che mi sembravano in un oasi felice ,immersi nel loro silenzio e nei loro pensieri, spontaneamente mi è balzato alla testa un pensiero..e se esistesse anche in Italia?? O meglio..se esistesse sul treno che tutte le sante mattine porta me e altre migliaia di studenti in Bicocca??
Tolto il fatto che alla mattina ammetto di non essere la persona più socievole del pianeta e che molte volte le condizioni da “viaggio della speranza” dei nostri amati treni non aiutano a migliorare la cosa penso che sarebbe giusto tutelare(passatemi il termine) chi vuole riposare e godersi il viaggio verso il lavoro. Lasciatemi dire però che il treno senza il suo classico casino non sarebbe lo stesso. Parlando da matricola vi posso assicurare che grazie al treno i primi giorni ho conosciuto persone ancora prima di sedermi per seguire una lezione. Sul treno si chiacchiera, sul treno si discute di qualsiasi cosa anche solo per fare conversazione e non sembrare musoni, si ascolta musica dopo ore passate ad ascoltare un prof.,si rivedono vecchi compagni e vecchi amici che avevamo perso, si parla al telefono per organizzare la serata.Spesso sentiamo parlare degli studenti della bicocca unicamente come pendolari che vengono in università tutti i giorni senza riuscire a viverla come dovrebbero, con un senso di appartenenza ad essa. La cosa ironica sta forse nel fatto che proprio l’essere pendolari sia in realtà uno dei fattori che potrebbe aiutare a superare questa critica che ci viene mossa. Siamo pendolari , è vero. Siamo ragazzi che vengono da posti diversi e il treno è il primo spazio di vera socializzazione che possiamo sfruttare, l’inizio di quel processo che poi dovrà essere consolidato nell’ambito dell’università.
Per tornare all’argomento iniziale lasciatemi dire che la famosa QUIET zone tra l’altro neanche servirebbe se fossimo tutti un po’ più rispettosi.
Con questo discorso naturalmente non sto cercando di difendere la condizione dei nostri cari treni.Non sono un infiltrato delle ferrovie dello stato o della Trenord state tranquilli. Invito i cari controllori che premettono ad ogni multa il discorsetto sul fatto che il rafforzamento del sistema dei controlli abbia permesso di migliorare notevolmente il servizio offerto ai cittadini a farsi un viaggio sul mio treno delle 7.59!! L’elogio fatto nell’articolo al treno va inteso come elogio alla sua dimensione sociale, una specie di grande piazza su rotaie. Non potendo migliore la condizione delle nostre ferrovie, cerchiamo almeno di coglierne gli aspetti positivi.
Pausa Caffè
di Sarah Chiaramonte
Da sempre la pausa caffè è un must, soprattutto per chi lavora in una grande azienda. C’è chi ha la possibilità di andare direttamente al bar e chi invece si deve accontentare delle macchinette messe a disposizione che diventano spesso luogo di incontro fra colleghi. Così, tra un caffè e l’altro ci si ritrova ad un certo punto con metà del personale che approfitta di questi momenti per chiacchierare e raccontarsela.
L’ambientazione sembra quasi quella della sit-com “Camera cafè”, con i due protagonisti che sembrano passare tutta la loro giornata lavorativa davanti alla macchinetta. Una cosa simile deve essere successa in un’azienda di Bergamo, per la precisione a Seriate, dove i dirigenti della Mall Herlan Italia (di proprietà svizzera), un bel giorno hanno appeso un annuncio in bacheca invitando gli impiegati ad assentarsi per la pausa caffè solo a gruppi di due alla volta (o preferibilmente da soli!) e solo per il tempo necessario.
Tra i vari commenti, che è possibile trovare su internet, sembra che questa decisione sia stata una diretta conseguenza di uno sciopero da parte degli impiegati che non è andato giù alla direzione. Resta comunque il fatto che già diverse aziende hanno cercato di mettere in atto questa politica sulla pausa caffè.
Ma alla Ducati Energia sono arrivati a fare di più! Hanno introdotto macchinette con timer annessi che dopo dieci minuti di cronometro si spengono. Ogni turno, così, ha la sua dose di caffeina, ma “solo per il tempo necessario”.
Mi sa che in Bicocca, così come in tutte le Università, siamo abituati troppo bene…godiamocele adesso queste adorate macchinette che ci permettono di staccare dallo studio senza cronometri e numero massimo di persone, perché poi, una volta entrati nel mondo del lavoro, fare la pausa caffè diventerà più stressante del lavoro stesso!
La stanza del silenzio
di Emanuele Rizza
Notizia di qualche mese fa.
Novembre 2011, Bicocca.
Una ragazza islamica turca, intenzionata ad iscriversi o già iscritta alla Laurea Magistrale in Psicologia alla Bicocca (i giornali fanno sempre un casino enorme da non capire le vere circostanze dei fatti), ha chiesto se all’interno del nostro complesso universitario ci fosse uno spazio per poter pregare. La risposta fu negativa e fu così che allora la sua professoressa le ha promesso di metterle a disposizione il proprio ufficio, con tanto di chiavi, per poter pregare ogni giorno in pausa pranzo.
Sul web fioccano i commenti che mostrano quanto la questione sia spinosa: ” Per quale ragione la scuola dovrebbe mettere a disposizione un apposito locale per pregare? Anche costituirsi in partiti o movimenti politici o sindacali è un diritto. Dovrebbe forse fornirmi l’università una saletta apposita per i partiti politici, una per i movimenti sindacali, una per le ONLUS, una per dormire perché anche il riposo è un diritto, ecc.? Il diritto alla religione non può implicare l’obbligo per lo stato di soddisfare le bizzarre richieste dei vari culti. Secondo me se vuoi studiare vai a scuola, se vuoi pregare vai al tempio” oppure “Oh beh, se io suonassi il violino avrei l’obbligo di esercitarmi due ore al giorno… dai, non crederai sul serio al fatto che gli obblighi religiosi siano davvero un obbligo? Come ha fatto finora questa ragazza? Come fanno i musulmani che lavorano? O non sono musulmani o possono fare a meno di pregare. Si può pregare ovunque, ma pretendere un luogo appartato a spese altrui è altra cosa”. Altri invece sostengono che “In diverse fabbriche ci sono piccole stanze dove pregare” e “Conosco un’università dove questa stessa richiesta è stata accolta e la facoltà dove si trova questa sala non è venuta giù, gli studenti continuano a studiare, le aule frequentate regolarmente, insomma a livello pratico non è successo nulla di strano e non vi sono state differenze! E’ una cosa normale che le aule vuote vengano occupate dagli studenti per diverse motivazioni. C’è chi studia, chi ci va per fare quattro chiacchiere con gli amici evitando le rumorose aule studio, chi ci va anche solo per dormire con la testa appoggiata sui banchi…che cosa c’è di diverso se uno ci va per pregare?”
In seguito a questa iniziativa privata, il Rettorato ha annunciato che è in progetto la creazione di una “stanza del silenzio“, un’ aula riservata al culto per tutti gli studenti religiosi che ne hanno intenzione. Nonostante il tutto sia ancora in via di definizione, si ipotizza che questo luogo venga probabilmente posto all’esterno dell’Università in quanto nei nostri edifici non vi è lo spazio materiale per dedicare una sala a questo scopo.
La questione è molto delicata, perchè pare che i religiosi musulmani abbiano l’obbligo di pregare, quindi è anche molto difficile fare valutazioni su questo argomento. E’ vero che la finalità di un Ente Pubblico, quale è la Bicocca, e di conseguenza dei suoi locali, è necessariamente quella di perseguire un interesse pubblico e non un interesse particolare o di poche persone così come è vero che esistono luoghi appositi (chiese, moschee, sinagoghe) in cui recarsi per la preghiera. Tuttavia, se le circostanze lo richiedono, si potrebbero eventualmente individuare delle fasce orarie in cui destinare un’aula a questo scopo, cosicchè poi l’aula stessa possa normalmente ospitare le consuete lezioni nel momento in cui non è occupata, evitando la ricerca di spazi al di fuori dell’Università, soluzione che potrebbe anche rivelarsi costosa in termini di affitto e manutenzione per la nostra Bicocca.
Sia chiaro che la mia opinione sarebbe stata la stessa anche nel caso in cui la questione fosse stata sollevata da uno studente cristiano/ebreo/induista ecc.
Per chi volesse approfondire:
*http://www.uaar.it/news/2011/11/28/milano-bicocca-studentessa-islamica-chiede-sala-preghiera-e-docente-concede-stanza/
*http://islam.forumup.it/about6867-islam.html
*http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/2011/11/24/625926-studentessa_musulmana.shtml
*http://www.uaar.it/news/2011/11/28/milano-bicocca-studentessa-islamica-chiede-sala-preghiera-e-docente-concede-stanza/ *http://archiviostorico.corriere.it/2011/novembre/25/Bicocca_studentessa_islamica_prega_nella_co_7_111125021.shtml